Julian Sands alla Keats-Shelley House, Roma
Il 2 settembre l'attore britannico Julian Sands è stato nuovamente ospite alla Keats-Shelley House per un pomeriggio speciale in compagnia di due dei più grandi poeti Romantici che la letteratura inglese abbia mai conosciuto: John Keats e Percy Bysshe Shelley, la cui poesia ha risuonato tra le mura della piccola casa-museo grazie al talento recitativo di Julian.
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Sands ha lavorato in tutto il mondo ed è apparso in film di successo, come Camera con vista (1986), diretto da James Ivory e tratto dall'omonimo romanzo di E. M. Forster, e in Gothic (1986), diretto da Ken Russell, in cui ha interpretato il ruolo dello stesso Shelley.
Visitò il museo per la prima volta nel 1979, innamorandosene perdutamente. Da allora le sue visite alla Keats-Shelley House, così come alle tombe di Shelley e Keats presso il Cimitero Acattolico di Roma
L'evento è stato organizzato per celebrare le penne di due grandi uomini di lettere del passato, ma soprattutto per favorire il mantenimento del museo, uno dei luoghi di cultura più suggestivi nel centro della capitale, situato proprio accanto alla Scalinata di Piazza di Spagna. Durante l'evento è infatti stata presentata una nuova antologia, pubblicata dalla Keats-Shelley Memorial Association, dal titolo 'John Keats and Percy Bysshe Shelley: Essential Poems', curata da Duncan Wu e con una prefazione dello stesso Julian Sands.
Il libro è in vendita esclusivamente presso il museo oppure online, sul sito (acquista qui: John Keats and Percy Bysshe Shelley: Essential Poems) ed i proventi di quest'edizione speciale andranno alla Keats-Shelley House, la quale non riceve alcun sostegno pubblico né dal Regno Unito né dall'Italia.
Il libro è in vendita esclusivamente presso il museo oppure online, sul sito (acquista qui: John Keats and Percy Bysshe Shelley: Essential Poems) ed i proventi di quest'edizione speciale andranno alla Keats-Shelley House, la quale non riceve alcun sostegno pubblico né dal Regno Unito né dall'Italia.
Nel video, Julian Sands legge 'Ode on Melancholy' di Keats:
L'incontro si è aperto con l'elegante poesia di Keats e una profonda riflessione sull'importanza della natura e del paesaggio italiano per i Romantici, a partire dalla lettura della poesia 'Happy is England. I could be content!'
La relazione tra Italia ed Inghilterra durante il periodo Romantico ebbe inizio verso la fine del XVIII secolo. Da quando nel 1796 Napoleone raggiunse per la prima volta le Alpi, valicando i confini della disunita penisola italica, fino alla sua sconfitta nella Battaglia di Waterloo nel 1815, il popolo inglese si ritrovò completamente tagliato fuori dall'Italia. La sua conoscenza del paese e della cultura italiana si limitò dunque alle opere letterarie ed artistiche che raggiungevano il Regno Unito. Tale sapere, tuttavia, fu tutt'altro che scarno, in quanto l'arte italiana raggiungeva già da secoli le più importanti corti europee.
Inoltre, prima della Rivoluzione francese, le classi privilegiate erano solite visitare l'Italia come meta principale del Gran Tour d'Europa, di cui molti composero importanti resoconti. Le famiglie più ricche potevano persino permettersi di comprare quadri, sculture e pezzi d'antiquariato o di assumere artisti, pagati appositamente per documentare le realtà dello scenario urbano ed agreste del paese e per la realizzazione di copie su modello dei più grandi Maestri del passato.
In Inghilterra il pubblico cominciò ad immaginare l'esotico paesaggio italiano a partire dai dipinti estremamente idealizzati di artisti come Claude Lorrain, Salvator Rosa e Possuin, o ancora dalle opere di artisti quali Richard Wilson e John Robert Cozens, i quali avevano visitato l'Italia per mecenatismo.
Quando in seguito alla sconfitta di Napoleone fu data agli inglesi la possibilità di visitare nuovamente l'Italia, molti tornarono con piacere nel paese, riconoscendolo come culla e custode della cultura.
"Per quanto tempo ho sperato di poter rinnovare i piaceri provati anni or sono in questo incantevole paese!"
E' così che Sir George Beaumont parlò del suo ritorno in Italia in una letttera a Sir Thomas Lawrence, inviata da Roma nell'ottobre del 1821.
Keats giunse in Italia alla fine del 1820, durante l'ultima fase della malattia che l'aveva ormai già consumato: la tubercolosi. Il giovane poeta risultò infatti troppo malato per poter godere appieno dello splendore di Roma, ma mostrò comunque un acceso interesse per la cultura italiana.
Non a caso i suoi ultimi giorni di vita vennero trascorsi nella casa accanto alla scalinata di Trinità dei Monti, mentre i suoi resti si trovano ancora oggi nel cimitero acattolico di Testaccio, non lontano dalle ceneri interrate di Shelley.
Non a caso i suoi ultimi giorni di vita vennero trascorsi nella casa accanto alla scalinata di Trinità dei Monti, mentre i suoi resti si trovano ancora oggi nel cimitero acattolico di Testaccio, non lontano dalle ceneri interrate di Shelley.
Anche il poeta e romanziere Thomas Hardy visitò le loro tombe nel 1887 ed ebbe occasione, in veste di architetto quale era, di ammirare anche la bellezza del memoriale eretto poco lontano in onore di un Romano dimenticato, Caio Cestio:
"He does a finer thing,
In beckoning pilgrim feet
With marble finger high
To where, by shadowy wall and history-haunted street,
Those matchless singers lie."
Una malinconia che risplende
La lettura è proseguita con alcuni passi tratti da 'Endymion', in cui la struggente realtà dell'esistenza del poeta si fa più manifesta.
Nel dicembre 1817, Keats, subito dopo l'annuale pantomima di Natale, rincasava insieme agli amici Charles Wentworth Dilke e Charles Brown. Come racconterà poi ai fratelli George e Tom, lungo la via del ritorno ebbe una discussione con Dilke riguardo svariati argomenti:
"Molte cose vagavano nella mia mente e all'improvviso realizzai quale fosse la qualità necessaria per la formazione di un Uomo di valore in Letteratura e che Shakespeare possedeva più di chiunque altro. - Mi riferisco alla 'Capacità negativa', ossia a ciò che possiede un uomo capace di incertezze, misteri, dubbi, senza essere spinto a cercare fatti o spiegazioni."
Si tratta di un passo molto famoso, ma che colpisce ancora oggi per la naturalezza con cui Keats arrivò a una delle conclusioni più rivelatrici sulla poetica Romantica, senza preamboli o delucidazioni di alcun tipo.
Ma cosa intendeva realmente il poeta con 'capacità negativa'? E' chiaro che l'aggettivo 'negativo' non è impiegato qui in senso peggiorativo, bensì mira a conferire l'idea secondo cui il potenziale di un uomo o di una donna può essere definito tramite ciò che questi non possiedono.
Keats sta quindi semplicemente affermando che per quanto la natura umana vada contro tale supposizione, il poeta può raggiungere successi letterari solo ammettendo in primo luogo che il mistero e il dubbio devono rimanere tali. Fu così, tra l'altro, che Keats riconobbe il proprio carattere mutevole e vulnerabile, in poesia come nella vita. Il suo contemporaneo Shelley viene ancora oggi ricordato per la forza del suo ribellarsi alle oppressioni del tempo, eppure Keats fu una pacata e nostalgica anima solitaria, che seppe trasformare il mondo circostante in una melanconica estasi poetica. Egli era infatti solito osservare i passeri dalla finestra, o lanciare loro briciole di pane; di notte ascoltava distrattamente il canto dell'usignolo, ma di giorno raccontava ai suoi più intimi amici di come talvolta arrivasse a sentirsi annichilito in una stanza piena di gente.
Il 27 novembre 1817 scrisse al suo amico Benjamin Bailey:
"Devo ammettere che ultimamente qualcosa mi ha spinto a riconoscere la mia umiltà e capacità di sottomissione: quel qualcosa è la Verità. - Gli uomini di intelletto sono tanto magnifici quanto la natura di certe eteree sostanze chimiche che agiscono sulla porzione neutrale dello stesso intelletto - eppure in queste non vedo alcuna individualità, alcun carattere determinato."
Come già ammesso dallo stesso poeta, primo tra questi 'uomini di intelletto' fu Shakespeare. Non a caso durante le fasi iniziali di stesura del suo primo lungo poema, 'Endymion', sull'Isola di Wight nel 1817, Keats immaginò proprio Shakespeare come il genio che presiedeva su di lui. A tal proposito, i pensieri letterari che era solito condividere nelle sue corrispondenze epistolari risultano particolarmente interessanti, ma bisogna pur sempre ricordare che tale potenza proveniva dalla loro impellenza - un'insistenza derivata dalla risoluta dedizione che Keats possedeva nell'ambire a diventare un grande poeta.
Un approccio archeologico a Keats
Ciò che colpisce di Julian Sands è la spontaneità con cui collega la poesia alla propria quotidianità. E' così che ha introdotto uno degli scritti più famosi di Keats, 'Ode su un'Urna Greca':
"..L'altra settimana ero a prendere il tè da un'amico. Subito dopo abbiamo letto poesie.. Sapete, ribadisco spesso l'importanza di leggere ad alta voce e tra amici risulta ancora più efficacie. Niente ansie, nessuna pressione, proprio come adesso! Anzi, al momento sulla copertina di questa antologia (indicando la cover del libro da cui leggeva) vedo la bozza di un'urna greca, disegnata da Keats stesso e penso alla mia amica Antonia Fraser che il 27 agosto ha compiuto 85 anni, anche se a detta sua ne ha ancora 40!"
Inconscio o una spiccata attenzione ai dettagli? Strano che una delle celebrazioni poetiche dell'immortalità più famose della letteratura inglese venga presentata con una 'casuale' considerazione sulla relatività dell'età anagrafica.
In 'Ode su un'Urna Greca' Keats rintraccia l'eternità nella bellezza artistica. Incise sulla superficie dell'urna, antiche immagini di vita quotidiana divengono immortali. Tale immortalità, tuttavia, non è di conforto, tantomeno una benedizione.
Partendo dalla descrizione di due innamorati, Keats trova un equilibrio tra gli aspetti positivi e quelli negativi di un'esistenza eterna ma futile:
"...E tu, amante audace, non potrai mai baciare
Lei che ti è così vicino; ma non lamentarti
Se la gioia ti sfugge: lei non potrà mai fuggire,
E tu l'amerai per sempre, per sempre così bella."
In un corrispettivo poetico del canoviano mito di Amore e Psiche, l'uomo non potrà mai sfiorare le labbra della sua amata, impedito dall'immobilità della sua natura plastica.
In un certo senso Keats invidia la coppia: i due rimarranno eternamente giovani ed innamorati, senza mai conoscere il dolore del fallimento o dell'appassire di un amore. D'altra parte, però, l'angoscia di un bacio agognato ma per sempre sospeso nel tempo si rivela insopportabile per l'anima fragile del poeta.
Sacro e profano
Qual è secondo Julian Sands il componimento "più sensuale e provocante" della poetica keatsiana?
'La vigilia di Sant’Agnese' , che si basa su un’antica superstizione secondo la quale la notte della vigilia della santa protettrice delle vergini ciascuna ragazza può vedere in sogno il proprio futuro marito dopo essere andata a letto senza cena, essersi spogliata completamente e posta nel letto con le mani sotto al cuscino senza mai volgersi indietro.
Madeleine, protagonista della storia, è innamorata di Porphyro, nemico giurato della sua famiglia; scoperta la leggenda da alcune vecchie dame decide di seguire il rito e dormire in posizione supina per conoscere il suo sposo. Porphyro introdottosi di nascosto nel castello si insinua nella sua stanza e la donna, credendo sia un sogno, lo invita nel suo letto. - Accortasi poi dell’errore non lo condanna per la sua condotta e i due fuggono insieme nella notte.
Nell'immagine il prerafaelita Millais rappresenta Madeleine nell'atto di spogliarsi per andare a letto; per la sua figura sensuale posa sua moglie Effie a Knole Park, una grande casa giacobita a Sevenoaks, nel Kent. Posta al centro della stanza, si trova in piedi davanti al letto in cui si dice abbia dormito Giacomo I.
SHELLEY: Un cuore a prova di fuoco
Nato nel 1792 da una famiglia benestante del Sussex, Percy Bysshe Shelley manifestò già dai primi anni una certa irrequietezza, che lo avrebbe portato non solo alla fama poetica, bensì anche ad ottenere il disprezzo di molti suoi contemporanei, i quali lo consideravano un criminale da mandare alla forca.
Animato da uno slancio lirico intensissimo e da un soggettivismo emotivo a volte esasperato, fu poeta dalle voci diverse e contrastanti. La sua poesia, fatta soprattutto di idee e costantemente proiettata verso dimensioni rarefatte, lo ha reso interprete per eccellenza del genio mistico e rivoluzionario, oltre che uno dei massimi rivendicatori della funzione profetica e oracolare del poeta.
Tra il 1818 e il 1819 completò il 'Prometheus Unbound', un dramma poetico in quattro atti in cui ricrea a modo suo il mito di Prometeo, rappresentando simbolicamente la vittoria dell'eroe greco su Giove come la vittoria finale dell'amore sull'odio, della libertà sulla tirannia e sull'oppressione. Nonostante alcuni difetti di struttura, l'opera contiene brani tra i migliori composti da Shelley, che esemplificano molti aspetti della sua personalità artistica. È evidente l'influsso del neoplatonismo: da Platone Shelley derivava la fede in una società governata dall'etica e dalla saggezza, l'idea della realtà come un'immagine illusoria e ingannevole della vera realtà dell'eternità e quella di un idealistico panteismo, ovvero l'aspirazione del singolo individuo di ritornare all'Uno.
Anche nell'opera in prosa 'Defence of Poetry', scritta nel 1821 e pubblicata nel 1840, trovano spazio le sue convinzioni sulla natura e funzione della poesia: egli fa una difesa della poesia come mezzo di espressione dell'immaginazione. I poeti sono gli esseri dotati del massimo grado di immaginazione, con la quale possono realizzare la rappresentazione artistica. Se i poeti sono i "misconosciuti legislatori del mondo" per il legame tra bellezza e verità (e perciò promotori non solo delle arti, ma anche dell'ordine e dell'avvento della società civile), essi sono dotati della capacità di vedere oltre la realtà immediata e diventano anche profeti di una possibile riforma. Solo il poeta può stabilire un vero contatto con la realtà attraverso il linguaggio e trasmetterne il significato autentico. Shelley fu il solo vero poeta radicale tra i romantici inglesi, capace della massima idealizzazione visionaria della realtà. Egli sentì acutamente "l'inadeguatezza della condizione dell'uomo nei confronti delle sue idee" e la sua reazione non fu lo scetticismo satirico di Byron, ma una continua lotta per una rigenerazione morale dell'umanità. Si dichiarò ateo, materialista e riformatore sociale ma, se riformatore sociale fu veramente e rimase per tutta la vita, invece di ateismo e materialismo sarebbe più opportuno parlare di una vaga forma di panteismo.
Nella lirica di Shelley le immagini variano col variare degli stati d'animo e ciascuna trae origine da un preciso impulso emotivo. Animato da uno slancio lirico intensissimo e da un soggettivismo a volte esasperato fino all'ossessione, Shelley non sempre riesce a tradurre tutta la sua emotività in un'espressione adeguata, in un'intuizione concreta, e indugia talvolta nella rappresentazione fine a sé stessa dei propri atteggiamenti spirituali, in stati d'animo languidi, misteriosi, estatici. Quando, invece, arriva a cogliere un'immagine precisa in cui trasferire l'idea o l'emozione, allora i suoi componimenti combinano un pathos sincero - anche se enfatico - con l'intensità delle immagini naturali, rappresentando al meglio un'epoca che propone la rivalutazione del sentimento e della natura.
I Romantici e la Natura
Ed è proprio dallo stretto contatto dei Romantici con la Natura che Sands ha scelto di partire nella lettura di Shelley. Appassionato montanaro da sempre, Julian ci ha raccontato di come già da ragazzo fosse solito portare con sé durante le tante escursioni in montagna uno o più libri di poesie, in particolare dei Romantici, in cerca delle sensazioni che, attraverso il mondo naturale, questi avevano provato secoli prima di lui.
Nelle cinque strofe che compongono 'Mont Blanc', composta nella valle di Chamouni, il poeta si rivolge in prima persona alla magnificenza sublime della montagna.
Di fronte all' "eterno universo delle cose" che deriva dall'osservazione della natura, il pensiero umano risulta flebile e capace di bellezza solo immortalando lo splendore naturale che lo pervade.
La montagna, con la potenza dei suoi dirupi, il verde profondo dei suoi alberi e il gelo dei suoi ghiacci; il tutto a realizzare la composizione di un essere immenso, titanico, quasi divino. - Sui suoi fianchi l'uomo si sente vertiginoso ed intimorito da una grandezza quasi sovrannaturale. Di fronte ad essa il poeta è incapace di pensiero. L'agitazione incessante che deriva dall'impossibilità di interiorizzare ciò che gli occhi percepiscono contrasta con la tranquillità della montagna, la quale aspetta, indifferente.
Il poeta è dunque spinto a ricorrere alla mitologia, ma comprende ben presto che la natura è troppo viva, troppo vera, per essere descritta tramite il genio dell'antica intelligenza umana. Il saggio vede infatti la cruda realtà della natura, così come è.
Il Mont Blanc è la vetta più alta delle Alpi svizzere al confine tra Francia e Italia. Provate ad immaginare il giovane Shelley che attraversa un ponte sul fiume Arve nella Valle di Chamouni, nell'attuale Francia sudorientale. E' così che Shelley scrisse al suo amico Thomas Love Peacock:
"La poesia è stata composta sotto l'immediato effetto che emozioni profonde e potenti hanno esercitato su di me, tramite la visione di oggetti che posso solamente provare a descrivere; e, come in una sorta di incontrollabile straripamento dell'anima, ho combattuto per anche solo lontanamente imitare l'indomabile selvatichezza e l'inaccessibile solennità da cui tanto spontaneamente nacquero quelle stesse sensazioni."
Durante la lettura condivisa è stato altrettanto spontaneo sottolineare le somiglianze con le opere della prima generazione di Romantici, in modo particolare con 'Tintern Abbey' di William Wordsworth, il quale fu tremendamente influente sul risultato ottenuto da Shelley nella composizione di 'Mont Blanc'. Entrambe le poesie, infatti, mettono in dubbio il significato di quell'intenso interscambio che c'è tra la natura e la mente umana. Ciononostante, è inevitabile assistere in Shelley un seppur minimo allontanamento da Wordsworth. - L'io lirico è tanto stupefatto dalla grandezza della montagna, che l'unico modo possibile per apostrofarla è la sua personificazione in un essere umano. In questa maniera il poeta si pone sullo stesso piano dell'oggetto che tanto teme, chiamando al proprio aiuto l'azione corrosiva di un ulteriore agente naturale: il fiume. Metafora della mente umana, il corso d'acqua è in grado, col tempo, di aprire un varco lungo i fianchi della montagna, nonostante la fragilità che lo caratterizzava alla sorgente.
Tuttavia, in conclusione alla poesia, il poeta deve ammettere che è la natura ad avere la meglio sull'uomo, in quanto questa, nonostante le continue trasformazioni, è destinata a varcare la soglia dell'eternità.
Si tratta di un paradosso troppo velato per essere compreso al tempo da questi poeti irrequieti e vulnerabili, ma il rapporto Uomo-Natura assume un valore al giorno d'oggi sempre più sorprendente: per quanto Shelley - come d'altronde Keats - si sentisse oppresso e al contempo estasiato dalla magnificenza della natura, è pur vero che il suo stesso destino è stato inciso sull'urna dell'eternità, ancora oggi acceso nei meandri dell'intelletto umano.
I contorni d'un destino premonito
Julian ha voluto poi presentarci dei frammenti particolarmente toccanti, in quanto tra i loro versi si nasconde una premonizione del triste destino di cui lo stesso Shelley sarebbe stato di lì a poco vittima.
Nel 1818, a Napoli, il poeta compose alcune strofe, nate da un profondo avvilimento: 'Stanzas written in Dejection'.
In una calda giornata, il cielo è sereno e le onde del mare brillano lucenti. Le isole appaiono bluastre per la lontananza agli occhi del poeta e le cime innevate delle montagne risplendono violacee nella luce accecante del giorno. I germogli sono in fiore e il suono del vento, dei passeri, delle onde e della stessa città di Napoli si mescolano in una piacevole armonia.
Shelley afferma di riuscire a vedere le alghe fluttuare sul fondale marino, mentre le onde si infrangono sulle rocce riflettenti di luce bianca. Il poeta se ne sta seduto da solo sulla sabbia ad osservare il mare pulsante di vita e ad ascoltare il rumore del giorno intorno a lui. Tuttavia lo sconforto assume presto il controllo della sua anima, in quanto la meraviglia percepita dal suo sguardo non può al momento essere condivisa con nessuno. Shelley mancò sempre di speranza, salute, pace e calma interiore. Osservare la gente andare avanti sicura tra l'oscurità dell'esistenza, traendone piacere, può solamente accrescere il dolore dell'insoddisfazione del poeta. Vorrebbe per questo essere libero di gettarsi a terra e piangere come fanno i più piccoli, noncuranti delle responsabilità della vita. In questo modo la morte lo pervaderebbe lentamente e in silenzio, rubando il calore dalle sue guance calde sulla scia del ritmo monotono delle onde, il quale diventerebbe sempre più distante e confuso con lo scivolare via della vitalità dal suo corpo mortale.
E' dunque drammatico pensare che Shelley avrebbe perso la vita in mare solo quattro anni più tardi, nel 1822, dopo che la sua imbarcazione fu sorpresa da una tempesta e colò a picco a largo del Golfo della Spezia (ribattezzato 'Golfo dei Poeti').
Anche la morte per Shelley fu satura di mistero. Alcuni ritengono che Shelley stesso abbia fatto naufragare la barca in un atto egoistico di suicidio, altri ritengono che sia stato vittima di un attacco di pirati, o anche che fu ucciso per motivi politici. Il corpo rimase disperso in mare per undici giorni, e al suo ritrovamento fu cremato sulla spiaggia di Viareggio. Al funerale, Edward Trelawny, un amico del poeta, prese dal cadavere quello che credeva essere il cuore di Shelley e lo consegnò
Anche Byron avrebbe voluto conservare il cranio dell’amico che però non rimase intatto dopo la cremazione.
Un tributo a Manchester
Riflettendo su ciò che fu l'esistenza umana per Shelley, siamo arrivati insieme a Julian alla conclusione che questo poeta cercò con tutte le sue forze di comprendere il mondo a lui circostante per poi tentare di cambiarlo attraverso l'arte.
L'Ottocento fu un secolo di mutazioni sociali tanto necessarie quanto tragiche, di cui Shelley più di tutti fu attento osservatore e animato cronista.
Il valore universale e l'attualità della poesia si è palesato in una lettura toccante de 'La Maschera dell'Anarchia' in memoria delle vittime dell'attentato avvenuto a Manchester lo scorso maggio e in generale nel ricordo di ogni attacco terroristico e non di ieri e di oggi.
'The Masque of Anarchy' è un poema a sfondo politico composto nel 1819 da Shelley in seguito al massacro di Peterloo - avvenuto nello stesso anno - e pubblicato soltanto nel 1832.
Nell'opera, il poeta - all'epoca residente in Italia, ma venuto a sapere dell'attacco grazie alle notizie che giunsero da Manchester, dove avvenne il massacro - menziona, senza mai citarli esplicitamente, diversi membri del governo inglese (presieduto dall'allora Primo Ministro Robert Banks Jenkinson), ritenuti responsabili di quel massacro: il Ministro degli Esteri, Lord Castlereagh, che appare dietro la maschera dell'Assassino; il Ministro degli Interni, Lord Sidmouth, che si cela dietro la figura dell'Ipocrisia, ed il Lord Cancelliere, Lord Eldon, nascosto dietro le spoglie della Frode.
Le tre figure allegoriche, guidate dall'Anarchia, uno scheletro con una corona in testa (Shelley attaccò infatti svariate volte anche la Monarchia), tentano in tutti i modi di conquistare l'Inghilterra, ma vengono scacciate da una misteriosa figura armata che appare all'improvviso in mezzo alla bruma.
Nel finale la Speranza, ora di nuovo viva, rivolge un accorato appello ai cittadini inglesi, incitandoli a destarsi come leoni dal sonno in cui erano assopiti e a spezzare le catene che li imprigionavano:
"Genti d’Inghilterra, eredi della Gloria,
eroi di una storia non scritta,
figli di una possente Madre,
speranze di lei de di voi stessi;
Levatevi come leoni dopo il torpore
in numero invincibile,
fate cadere le vostre catene a terra come rugiada
che nel sonno sia scesa su di voi.
Voi siete molti, essi son pochi."
L'addio a Keats: Adonaïs
Shelley non immaginava che nel giugno 1819 avrebbe sepolto nel cimitero acattolico il piccolo William, uno dei suoi bambini. Due anni più tardi, invece, nel 1821, lo stesso luogo accoglieva il poeta John Keats, e nello stesso anno Shelley pubblicò il poema 'Adonais, an Elegy on the Death of John Keats'. Scrisse nella Prefazione:
"John Keats è morto di tisi a Roma, a venticinque anni, il 23 febbraio 1821, ed è stato sepolto nel romantico e solitario cimitero dei protestanti di quella città, sotto la piramide che è la tomba di Cestio, e le mura imponenti e le torri, ora fatiscenti e desolate, che circoscrivevano l’antica Roma. Il cimitero è uno spazio aperto tra le rovine, ammantato d’inverno di violette e margherite. Potrebbe far innamorare qualcuno della morte, pensare di essere seppelliti in un posto così dolce."
L'anno seguente lo stesso Shelley raggiunse l'amico, quando Byron portò le sue ceneri Roma, dove vennero interrate.
La Keats-Shelley House ieri ed oggi
Al termine dell'incontro ci è stata data la possibilità di visitare il piccolo museo, compresa la stanza in cui morì Keats il 23 febbraio del 1821.
Poter toccare il letto in cui uno dei più grandi poeti mai vissuti ha passato le ultime ore della sua vita è un'esperienza unica e si ha davvero la sensazione di essere pervasi dallo spirito degli uomini che abitarono nella casa.
Nel 1903 le stanze in cui Keats e Severn (amico del poeta, tra le cui braccia quest'ultimo morì) avevano vissuto erano occupate da due scrittrici americane, la signora James Walcott Haslehurst e sua madre, che dedicavano molto tempo ad accogliere i visitatori che volevano vedere il luogo in cui Keats aveva trascorso i suoi ultimi giorni. La casa si trovava allora in pessime condizioni e le due signore avrebbero desiderato acquistarla per poterla ristrutturare e mantenere come “luogo sacro”, ma non avevano abbastanza denaro. Nel febbraio di quello stesso anno il poeta americano Robert Underwood Johnson, scendendo la Scalinata di Piazza di Spagna per osservare la casa, notò il suo aspetto rovinoso, entrò e si informò. In seguito contattò alcuni letterati americani residenti a Roma e un eminente gentiluomo inglese per discutere la questione.
Il poeta e brillante diplomatico inglese Rennell Rodd, che più tardi salvò dal degrado le tombe di Keats e Shelley nel Cimitero Acattolico della città, assunse la presidenza dell’incontro. Gli americani presenti erano Robert Underwood Johnson e la moglie Katharine, Norman Hapgood, Agnes Repplier, James Herbert Morse e la moglie Lucy Gibbons, Harry Nelson Gay e Martha Gilbert Dickinson. Edith Wharton non riuscì a essere presente ma espresse la propria approvazione al progetto. Johnson propose che i membri delle commissioni negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Italia raccogliessero i fondi necessari; Rennell Rodd guidò l’operazione nel Regno Unito, Johnson negli Stati Uniti e Nelson Gay in Italia. Lavorarono con molto impegno, contando sull’appoggio del Presidente Roosevelt e del Re Edoardo VII, e dopo tre anni i loro sforzi furono ricompensati.
La proposta di comprare la casa si concretizzò il 30 dicembre 1906 con un pagamento in contanti pari a $14.000 e un mutuo di $8.000.
Alla cerimonia ufficiale d’inaugurazione, avvenuta il 3 aprile 1909 alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, parteciparono i discendenti dei poeti, l’ambasciatore americano Lloyd Griscom, Sir Rennell Rodd, Rudyard Kipling, Adolpho de Bosis (un giovane studioso italiano di Shelley) e Nelson Gay.
Il Museo ospita attualmente una delle più importanti biblioteche sulla letteratura romantica e un’esclusiva collezione di manoscritti, quadri e altri oggetti memorabili, comprese prime edizioni delle opere di Keats, Percy Bysshe Shelley e Lord Byron, ovvero i più importanti esponenti della seconda generazione romantica inglese e non solo: vi è infatti anche un reliquiario contenente una ciocca di capelli di John Milton e di Elizabeth Barrett Browning, una maschera di carnevale in cera di Lord Byron e manoscritti di Jorge Luis Borges, Oscar Wilde, Mary Shelley, Walt Whitman, William Wordsworth, Robert Browning e Joseph Severn, compagno di viaggio di Keats.
La Casa ricopre un ruolo importante nella vita culturale di Roma grazie alla continua organizzazione di conferenze, mostre temporanee, letture e premi di poesia. Lo stesso Julian Sands torna frequentemente per eventi letterari e non.
Tra coloro che hanno vissuto nelle stanze della Keats-Shelley House è importante ricordare lo scrittore e medico svedese Axel Munte che vi abitò alla fine del diciannovesimo secolo. Un’edizione della sua famosa opera 'The Story of San Michele' (La Storia di San Michele), insieme ad alcuni appunti sulla sua vita e sull’amicizia con l’attrice italiana Eleonora Duse, fanno parte della collezione del museo.
Un saluto speciale nel cortile della Casa
Dopo l'evento Julian si è fermato con i presenti nel cortile del museo, autografando le copie dell'antologia per cui ha scritto una bellissima prefazione e per condividere le prime impressioni di quando alla fine degli anni '70 varcò per la prima volta la soglia della Casa e soprattutto fece visita alla tomba dei poeti. Si è sopraffatti dall'aria che si respira tra le mura della piccola dimora; gli scaffali in mogano carichi di antichi volumi e i dipinti che ricoprono le pareti tra una libreria e l'altra, mentre teche di vetro custodiscono manoscritti e lettere di un valore inestimabile per un amante di letteratura inglese.
Un piccolo angolo di paradiso dove il frastuono e la confusione che regnano in Piazza di Spagna riescono magicamente a dissolversi.
Appena entrati si viene catapultati in un'atmosfera d'altri tempi molto British e suggestiva, quanto struggente.
Inoltre, lo spazio ridotto della Casa, rende possibile un contatto individuale con i grandi uomini e le grandi donne del passato.
Per quanto bello possa essere visitare un grande museo, entrare in una casa privata rende davvero l'idea di immortalità a cui i Romantici erano tanto affezionati. Abitata più di duecento anni fa, è rimasta immune allo scorrere del tempo. E' pur vero, però, che si tratta più di una meta di pellegrinaggio per gli amanti del Romanticismo inglese, ed in particolare di Keats, sebbene nasconda innumerevoli tesori, che non si penserebbe mai di trovare in un luogo simile.
Infine, ovviamente, non poteva mancare un salto al negozio di souvenir:
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Visite consigliate:
- Keats-Shelley House, Roma
- Casa di Goethe, Roma (poco distante dalla Keats-Shelley House - Vi è inoltre uno sconto per chi visita entrambe)
Letture consigliate:
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