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Ada Lovelace: La 'Lady Fairy' visionaria della tecnologia

Augusta Ada Byron, meglio nota come Ada Lovelace (1815–1852)

All'età di dodici anni Ada Lovelace voleva volare. — La questione fu affrontata metodicamente, attraverso un'analisi attenta e dettagliata del volo degli uccelli e la seguente ricerca di materiali simili alle penne remiganti dei volatili, le quali costituiscono il piano di sostentamento per il volo—piume, carta, seta.
Nel corso della sua ricerca, che ebbe inizio nel febbraio del 1828, Ada scrisse ed illustrò un'intera guida dal più che originale titolo Volologia, nata come registro di scoperte e progressi.
La ragazza faticò sul suo progetto fin quando sua madre le rimproverò di aver trascurato i suoi studi, i quali erano volti ad indirizzare la giovane Ada su una strada prossima al razionale e più che mai lontana dall'eccentrico.

La madre della Lovelace, Annabella Byron, fu la controparte severa e morigerata del padre di Ada, George Gordon, ricordato per essere stato uno dei più celebri poeti Romantici sotto l'appellativo di Lord Byron, il quale soprannominò la sua consorte "Principessa dei parallelogrammi".
Un mese dopo la nascita di Ada, Annabella si allontanò insieme a sua figlia dalla casa di Londra, dove aleggiava pesante l'influenza del bello e dannato George Byron. Quando quest'ultimo, poco prima di esalare il suo ultimo respiro, scrisse alla moglie per avere notizie sull'educazione ormai avviata della figlia, Annabella offrì un resoconto freddamente dettagliato: "Non priva di immaginazione, ma prevalentemente impegnata nella coltivazione del suo ingegno meccanico." 
E Annabella non poteva sperare di meglio, avendo somministrato alla piccola Ada una ferrea disciplina in cui spiccavano lo studio dell'aritmetica, della musica e del francese. Non a caso, Lady Byron si impegnò a sopprimere nella figlia ogni aspetto della sua immaginazione, che considerava essere "pericolosa e potenzialmente distruttiva, oltre che comune nei Byron".

Tuttavia, la Lovelace riuscì ugualmente a conciliare gli aspetti più caratteristici dei poli opposti che rappresentarono i suoi genitori.
Il 5 gennaio 1841 annotò sul suo diario di appunti una domanda: "Cos'è l'Immaginazione?". "Ha due significati", si rispose. "Prima di tutto, questa è la facoltà combinante che considera i punti in comune tra soggetti aventi nessuna connessione apparente tra loro". In seguito aggiunse, "L'Immaginazione è però soprattutto la Facoltà di Scoperta; quella che penetra nei mondi invisibili che ci circondano, ossia i mondi della Scienza".
Poche sono le figure storiche che riuscirono a combinare la creatività alla razionalità più pura. La Lovelace si inserisce a pieno diritto tra queste, avendo capito già in giovane età quanto importante fosse, al di là dei puri dettami accademici, la fantasia nel processo di scoperta scientifica.

Augusta Ada Lovelace è conosciuta per essere stata la prima programmatrice di computer della storia.
La grande opportunità per Ada arrivò quando incontrò per la prima volta Charles Babbage, rinomato matematico che sarebbe di lì a poco divenuto il suo più fedele amico se non che mentore.
Il 5 giugno 1833 partecipò infatti ad una festa alquanto stravagante, che vedeva invitati alcuni tra i più influenti ereditieri della capitale inglese, in presenza dei quali debuttò in società all'età di diciassette anni. Tra questi vi era anche lo stesso Babbage, al tempo quarantenne e da poco rimasto vedovo, il quale parlò con animazione di un'invenzione che egli denominò la "Macchina alle differenze", una sorta di torre composta da dischi numerati che, avvalendosi del sistema decimale, poteva essere alimentata in modo meccanico tramite il movimento di una maniglia che avrebbe fatto girare gli ingranaggi.
Babbage aveva proposto già nel 1822 lo sviluppo della macchina in un articolo inviato il 14 giugno alla Royal Astronomical Society e dal titolo "Note on the application of machinery to the computation of very big mathematical tables".Fu però la dimostrazione che ne fece nel 1833 che ebbe un profondo effetto sulla giovane Ada, la quale venne indirizzata pochi giorni più tardi, con il totale appoggio di Lady Byron, nella casa di 1 Dorset Street di Babbage, per approfondire la conoscenza di questo nuovo strumento, a dir poco rivoluzionario. Affascinata dal prototipo incompleto, Ada diede inizio ad una lunga corrispondenza con Babbage riguardo il potenziale della macchina, così come riguardo i propri successi negli studi matematici. Le lettere che i due si scambiarono datano dal 10 giugno 1835 al 12 agosto 1852, anno della morte di lei; in esse Babbage le parlava dei propri piani per il futuro, mentre lei non perdeva mai l'occasione di esprimere la propria ammirazione.

"Credo che il vostro interesse per la matematica sia così acceso che risulterebbe a dir poco inutile verificare il suo sapere in materia"
, le scrisse Babbage nel 1839.

Quando Babbage cominciò ad elaborare un nuovo progetto, la "Macchina analitica" –abbozzata come uno strumento intricato, composto da migliaia di ruote dentate volte a svolgere più funzioni contemporaneamente e con più precisione – la Lovelace gli fece da assistente e soprattutto da collaboratrice.
Durante un viaggio a Torino volto alla promozione del proprio lavoro, il quale necessitava di un consistente supporto economico, Babbage incontrò il matematico italiano Luigi Federico Menabrea, il quale accettò di scrivere un articolo dettagliato in merito. Lo scritto raggiunse ben presto la lunghezza di ottomila battute e venne poi pubblicato nell'ottobre del 1842 in una rivista accademica svizzera. Ada lo tradusse dal francese, aggiungendo note esplicative, scritte di proprio pugno. 
– La sua versione in inglese arrivò così a contare più di ventimila parole. "Le note della Contessa di Lovelace si estendono per più di un terzo della lunghezza dello scritto originale", scrisse Babbage poco tempo dopo. "La loro autrice si è immersa completamente in quasi tutte le questioni più complesse ed astratte connesse all'argomento".
La traduzione con approfondimento della Lovelace venne data alle stampe nel 1843 e rappresenta il suo più grande contributo alle scienze informatiche: descrisse infatti con chiarezza le funzionalità della macchina di Babbage, nata come diretta ispirazione del Telaio Jacquard. Allo stesso modo in cui la macchina per la tessitura della sete di Joseph-Marie Jacquard poteva realizzare immagini automaticamente, avvalendosi di una catena di schede perforate, altrettanto poteva fare il sistema di Babbage—la macchina, spiegò la Lovelace, "tesse" schemi algebrici. In altre parole, la macchina analitica può essere considerata il primo prototipo di computer meccanico sviluppato per eseguire compiti generici.
"La scienza delle operazioni, più specificatamente come derivati dalla matematica, è una scienza di sé e di per sé, e possiede pertanto la sua unica astratta verità e il suo unico inimitabile valore".Qui Ada non fa altro che avviarsi all'invenzione della scienza informatica, che intuitivamente separa dalla tradizionale scienza matematica. La 'scienza delle operazioni' a cui fa riferimento, dunque, risulta essere a tutti gli effetti la base concreta su cui si costruisce un computer come oggi lo conosciamo. 

Al di là di ciò, però, a non mancare è la fantasia che caratterizzò l'eccentrico personaggio di Ada Lovelace, la quale articolò, lì dove neanche Babbage poté arrivare, il significato poetico della macchina analitica: "Questa scienza costituisce il linguaggio tramite il quale solo noi possiamo adeguatamente esprimere i grandi fatti del mondo naturale e quegli incessanti cambiamenti di mutuale relazione che, visibilmente o invisibilmente, consapevolmente o inconsapevolmente alla nostra percezione fisica immediata, si susseguono nei meandri della creazione nel cui cuore viviamo noi, gli uomini".

E prosegue: "Un linguaggio nuovo, vasto e potente è ormai stato sviluppato a favore del futuro utilizzo dell'analisi, tramite cui è possibile elaborare le verità di quest'ultima, rendendole più celeri e più accurate nella loro applicazione agli scopi umani rispetto ai mezzi che finora sono statti in nostro possesso. In questo modo non solo il mentale ed il materiale, ma anche il teorico ed il pratico dell'universo matematico sono portati ad un livello più intimo ed effettivo nella relazione tra le loro diverse parti".

Anni più tardi, diversi studiosi sostennero che la Lovelace non fu la vera autrice delle note all'opera di Menabrea. Lo storico Bruce Collier, ad esempio, ritenne che al contributo di Ada fu dato fin troppo credito e che "non ritengo sia esagerato affermare che la Lovelace fu solo una donna affetta da bipolarismo e dalle più sorprendenti illusioni riguardo il suo talento, oltre ad aver del tutto incompreso Charles Babbage e la sua macchina analitica".

Altri conoscitori del lavoro di Babbage, tuttavia, tra cui spiccano Essinger e Toole, rifiutano un'interpretazione tanto dura. Il primo disse "Non appena ci si rese conto di quanto importante fosse stata la nascita della scienza informatica, vi fu un tentativo da parte di molti studiosi di reclamare tale rivoluzione come risultato di studi intrapresi esclusivamente da uomini [...] Con lo scopo di trattenere il potere nelle mani di uomini, vi fu una ripercussione su tale attività come qualcosa che una donna non fece, o non dovrebbe fare, o non potrebbe fare".

Suw Charman-Anderson sostiene che la storia di Ada Lovelace sia tuttora ricordata "in quanto sono ancora molti coloro che tentano di screditare il suo lavoro. Si tratta di una realtà ancora oggi tristemente nota alle donne impegnante in campo tecnologico".

Negli anni '70, il Dipartimento di Difesa sviluppò un software linguistico denominato Ada - volto all'unione di linguaggi di programmazione differenti. Si tratta di un progetto perfettamente conforme al carattere della Lovelace, una donna che si appassionò alla matematica, che rifiutò di cavalcare all'amazzone, ma che fu anche una fanciulla dedita allo studio della poesia e della musica, con particolare interesse per l'arpa.

Lì dove Babbage possedeva ingegno tecnico, Ada Lovelace proiettò il lavoro di lui verso l'era dell'informatica, scorgendo in esso il suo vero potenziale.— Non è un caso, dunque, se Babbage era solito chiamarla Lady Fairy.

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