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Le Roi danse: come Luigi XIV governò la Francia... Danzando

Benoît Magimel nei panni di Luigi XIV in una produzione di Gérard Corbiau 

Nel 1692, a un giovane aristocratico francese in visita alla corte di Re Luigi XIV fu chiesto se fosse in grado danzare. Il ragazzo, che di nome faceva Montbron, rispose con caratteristica sicurezza, compiacendosi abbastanza da attirare l'attenzione degli altri cortigiani. Fu un errore da novellino: non passò molto prima che la cerchia di nobili lo invitarono a provare la sua bravura.
È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo desideroso di una carriera politica nella Francia del XVII secolo dovesse avere bisogno di un buon maestro di danza. Essere abili nella danza era infatti sia un convenevole sociale sia una necessità politica e soprattutto segno di un'educazione aristocratica.
"Una buona educazione prevede quella gradevole e disinvolta maniera, ottenibile esclusivamente attraverso la danza", scrisse nel 1725 il celebre insegnante di danza Pierre Rameau.
Ballare male a corte non era solamente umiliante, ma poteva rappresentare la fine di una carriera 
— e Montbron si rivelò essere tutte parole e niente fatti.

Il giovane nobile prese la prima posizione e perse subito l'equilibrio. Il suo pubblico scoppiò in fragranti risate e, imbarazzato, l'aristocratico tentò in vano di distogliere l'attenzione dalle suo goffe gambe, agitando le braccia, il che, tuttavia, fu motivo di ulteriori beffe da parte dei astanti 
— incluso l'uomo più importante presente in sala: Luigi XIV di Borbone, detto il Re Sole.

Si ritiene che vi fossero più di duecento scuole di danza a Parigi negli anni Sessanta del Seicento, tutte aperte con lo scopo di educare ed allenare giovani gentiluomini, affinché evitassero simili violazioni dell'etichetta francese. Non è un caso, dunque, che Montbron non si presentò a corte per diversi anni in seguito alla sua misera figura, per giunta in presenza dell'uomo più potente e affascinante del Paese.

Erano questi i modi del giovane Luigi, un ballerino nato. La danza era ai suoi occhi molto più che un'arte; durante il suo regno questa avrebbe rappresentato una vera e propria dichiarazione e moneta politica, la quale contribuì in buona parte a tenere unito il suo Regno.
All'età di 10 anni, Luigi XIV affrontò la realtà della guerra civile con l'orrore delle Fronde. I frondeurs erano insorti contro la monarchia a protezione dei diritti feudali dell'aristocrazia contro il crescente accentramento del potere statale guidato dal cardinale Mazzarino, il quale, ispirandosi al suo predecessore Richelieu, si impegnò a far crescere la Corona a spese della nobiltà e del Parlamento.
Fu però quando i frondeurs fecero irruzione nel palazzo reale che Anna d'Asburgo e suo figlio, il piccolo Luigi XIV, decisero di lasciare Parigi e di trasferire altrove l'intera corte, aumentando la distanza tra sé e i pericoli della capitale.
Il regno di Luigi XIV si aprì, come ormai succedeva da decenni, con fin troppi reggenti al potere e l'ennesimo monarca bambino sul trono, ciò di cui la Francia aveva meno bisogno, dato il temibile fermento dei signori.

Quando il Re fece finalmente ritorno nel 1652, all'età di 14 anni, la sua visione del mondo era ormai profondamente modificata e il suo trionfale rientro a Parigi risultava in realtà minato dai dubbi e dai timori.
Luigi si ripromise di fare a pezzi l'influenza e la sete di potere degli ipocriti nobili che popolavano la sua corte e si convinse ben presto del fatto che Dio gli avesse garantito la massima autorità sui suoi sudditi; fu così che costruì la propria immagine su quella del dio Apollo (come nell'immagine), divinità greca del sole e di tutte le arti. Luigi si ribattezzò dunque con il titolo di "Re Sole" 
— la stella al centro dell'universo francese — e si assicurò che ogni singolo cittadino della Francia lo sapesse e soprattutto che lo riconoscesse.
Si impegnò poi alla formazione di un suo esercito, strappando ai nobili del Regno anche i loro precedenti doveri militari, tante volte esercitati in passato proprio contro l'autorità del Re.
Ormai monarca assoluto, Luigi dichiarò: "Lo Stato sono io!"

Luigi fece tutto ciò che fu in suo potere per elevare il suo status. Per anni praticò la scherma e il salto con l'asta e si allenava per ore intere, ogni giorno, insieme al suo insegnante di danza, Pierre Beauchamp. Non si trattava però di semplice esercizio fisico: stando alla teoria politica del tempo, lo Stato della Francia era letteralmente incarnato dal suo governatore. Scolpire i muscoli e assicurarsi che il suo corpo fosse sviluppato alla perfezione e correttamente proporzionato divenne così il modo più diretto in cui mostrarsi come la definitiva fonte di potere, in carica per volere e diritto divino.
Per garantire la sicurezza del popolo, tenendo a bada l'aristocrazia già pronta a strappargli nuovamente il potere di mano, Luigi tenne vicino a sé i nobili, riunendoli a Versailles - ormai sede del potere reale - dove poteva meglio tenerli sotto controllo e soprattutto costantemente impegnati.
Fu così che trasformò la Reggia in una gabbia dorata, chiamando a sé i proprietari terrieri delle tenute in periferia e forzandoli a rimanere a corte.

In un certo senso, la vita a Versailles—ormai trasformata in un palazzo—divenne una sorta di danza macchinosamente coreografata. A gentiluomini e nobildonne fu assegnato un posto ben preciso da occupare e mantenere, in politica come nel quotidiano; tutto era già deciso, dal modo in cui era loro permesso di entrare o uscire da una stanza, al tipo di sedia su cui potevano sedere a tavola.
Il palazzo era suddiviso quasi confusamente e gli spazi erano infiniti. I suoi abitanti si muovevano al suo interno su delle portantine, di cui però potevano usufruire solo i membri della famiglia reale; gli altri, invece, le trasportavano.

La teoria di Luigi XIV era che i nobili non avrebbero potuto rovesciare il governo se troppo impegnati a seguire alla perfezione le regole dettate dai reali in materia di etichetta. Ugualmente, spendendo tutte le loro energie nel mantenimento del loro status, non avrebbero avuto abbastanza tempo, né tanto meno la capacità, di ritorcere contro la monarchia il poco potere che era loro rimasto. Quasi inverosimilmente, proprio la danza fu uno strumento impiegato a tal proposito, ma non era una novità. La danza era infatti stata già da secoli al centro degli affari politici, ma fu sotto Luigi che assunse anche funzioni sociali. I cortigiani erano tenuti ad imparare da due a quattro nuovi balli da sala all'anno, esibendosi prima cene ed incontri. Alla corte di Luigi, un nobile doveva probabilmente tenersi pronto su almeno dodici diversi balli, i quali richiedevano un esercizio di memoria non di poco conto data la loro peculiarità e laboriosità.

Il debutto sul palcoscenico di Luigi XIV all'età di 15 anni, con Le Ballet de la Nuit, fu un perfetto esempio del gioco di potere nel quale avrebbe di lì a poco cominciato a dilettarsi.
La sua esibizione, che consisteva in una serie di 43 piccole scene di ballo, durò 12 ore e si estese per tutta la notte fino all'alba, in un intricato susseguirsi di esibizioni con cocchi volteggianti nell'aria, cavalli alati immersi in nuvole sintetiche e mostri in onde artificiali.
Alla fine dello spettacolo, il Sole (interpretato da Luigi, con abiti incastonati con pietre preziose e impreziositi da piume di struzzo) arrivava a sconfiggere la Notte.
L'esibizione venne riproposta per altre sei volte nel corso di un mese.





Crescendo, Luigi portò sulla scena lunghi balletti—detti ballets de cour—come manifestazioni di perfetta forma fisica e virilità. (Alle donne non era permesso ballare; i ruoli femminili erano generalmente interpretati da uomini). Il Re ballava ovviamente nei panni del protagonista, avvolto da abiti voluminosi e ricoperti d'oro. Il suo costume preferito? Da Imperatore romanzo.
Era un grido proveniente direttamente dalle danze reali del passato. Il balletto ebbe origine infatti in Italia durante il XV secolo, sotto forma di lente ed eleganti passeggiate su di un palcoscenico. Caterina de' Medici introdusse questa forma d'arte in Francia quando sposò il Re Henri II nel 1533, ma Luigi XIV la portò ad un livello tecnico superiore, passato alla storia come prettamente francese.

I ballets de cour erano un'estensione del galateo da seguire quotidianamente a corte ed erano mirati a rendere l'aristocrazia costantemente nervosa, facendola stare - letteralmente - sulle punte. Estremizzare il balletto era molto più che una mossa fatta in casa — divenne il mezzo migliore tramite il quale mostrare al resto d'Europa che la Francia era ormai il centro dell'alta cultura.
Luigi voleva che i leader del mondo ammirassero i successi artistici del paese, allo stesso modo in cui la sua forza militare destava meraviglia ai loro occhi.

E ci riusci! La moda reale, l'etiquette e il buongusto francesi divennero presto popolari in tutte le corti europee. Il Re di Svezia inviò persino un ambasciatore in Francia con il compito di osservare gli sviluppi artistici del Regno e di riportarli nella madrepatria.


Fu solo a causa del suo grandissimo appetito che la carriera di ballerino di Luigi XIV non durò a lungo. Sua cognata, la Principessa Palatine, scrisse di un pranzo durante il quale il Re divorò "quattro ciotole di zuppe differenti, un fagiano, una bella pernice, una grande scodella di insalata, due fette di prosciutto, una fettina di montone e un vassoio di pasticcini, per poi finire con frutta, formaggio e uova sode".

Stando all'opinione di un 'mito del balletto', quando il Re sovrappeso non fu in grado di eseguire il complicato salto entrechat-quatre
un passo che richiede da parte del ballerino un salto e un doppio applauso con i piedi prima di atterrare—il suo maestro inventò un nuovo salto con un applauso e mezzo appositamente per il suo sovrano. Quel passo è oggi chiamato royale.

Nel 1701, Luigi posò per un nuovo ritratto. L'artista, Hyacinthe Rigaud, aveva un certo talento nel riproporre con esattezza fotografica le espressioni facciali dei suoi soggetti—una qualità che aveva già da tempo attirato l'attenzione dell'aristocrazia. Infatti, Rigaud era così popolare tra i nobili del tempo che spesso non aveva tempo di finire i molti dipinti che gli venivano commissionati. Negli anni, aveva ritratto quasi ogni singolo membro della nobiltà francese e il suo lavoro ricevette numerose lodi in quanto fu in grado di rappresentarli proprio come desideravano essere visti: magniloquenti, ricchi e potenti.
Luigi, ancora determinato ad accrescere la propria fama e ad elevare il proprio status, seppe subito che Rigaud sarebbe stato perfetto per il lavoro che aveva da tempo in mente.

Il risultato non fu quello aspettato: l'espressione sprezzante del Re, la chioma da glam-metal, il braccio appollaiato in modo provocante sul fianco e le scarpe alte con le fibbie ingioiellate non rendevano bene, a occhi esterni, il senso di magnificenza che il Re avrebbe voluto ispirare. Tuttavia, secondo Luigi, il ritratto sarebbe riuscito comunque a suscitare rispetto e reverenza nell'animo dei suoi sudditi. Bisogna considerare che quando Rigaud dipinse il suo soggetto, il Re ormai 63enne si presentava come un uomo robusto che di poco superava il metro e sessanta. Quindi Rigaud aggiunse altezza alla figura del sovrano inserendo dei tacchi alti, mentre l'ermellino degli abiti dell'incoronazione andarono a coprire gran parte del corpo ormai non più snello...

... Tutto a eccezione delle gambe!

Luigi era infatti estremamente orgoglioso delle sue gambe. Scolpite da anni di danza, erano il segno di un passato atletico e sebbene il Re aveva già da alcuni decenni abbandonato il suo status di celebre danseur, non permise mai ai suoi cortigiani di dimenticare l'importanza che la danza aveva avuto nel buon funzionamento del suo governo.
Nonostante tutto, il dipinto di Rigaud si rivelò allora essere un'esibizione di forza ed opulenza a tal punto che ogniqualvolta il Re si trovava lontano dalla corte, ai nobili era vietato di dare le spalle al maestoso ritratto.

Quando Luigi lo fece appendere nel palazzo, erano già state aperte le porte dell'Académie Royale de Danse, diretta antenata dell'Opera di Parigi e fondamentale per la nascita delle cinque posizioni di danza classica odierna così come per l'elezione del francese a lingua officiale di questa raffinata forma artistica (pirouette e plié sono solo due dei tanti termini ancora oggi utilizzati).

Certo è che oggi Luigi si direbbe indignato di fronte agli stereotipi moderni della danza classica, ritenuta troppo graziosa e per questo raramente adatta ad un uomo. Non ci potrebbe essere niente di meno vero: il balletto fu infatti il più potente strumento politico del passato, volto al mantenimento della stabilità di un'intera nazione e del suo status quo, con tanto di tacchi e calzamaglia bianca aderente!



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