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Il dandismo: una forma d'arte sovversiva

Boldini - Le Comte Robert de Montesquiou - 1897

A sentir pronunciare la parola "dandy" si pensa istintivamente a damerini eleganti, uomini ben agghindati e alquanto strambi, dediti a fare del vestirsi bene una vera e propria arte - Questa almeno è la definizione data del dandy da Thomas Carlyle: "un Uomo che indossa Vestiti". Oggigiorno il termine è piuttosto utilizzato per fare riferimento a uomini esigenti, schizzinosi, tremendamente elaborati e persino anacronistici.

Tuttavia, storicamente, quella del dandy è stata una figura estremamente sovversiva. Nella Parigi dell'Ottocento, in seguito a teorie sul dandy sviluppate da artisti del calibro di Charles Baudelaire e Jules-Amédée Barbey d'Aurevilly - si pensi al saggio di Baudelaire "Il pittore della vita moderna" (1864) o al libro di d'Aurevilly dal titolo "Il dandismo e George Brummell" (1845) - l'immagine culturale del dandy si configurò non semplicemente come opera d'arte esteticamente piacevole, ma piuttosto come una radicalmente sconcertante e prova fisica della dichiarazione di quell'archetipico dandy che era Oscar Wilde, il quale affermò che tutto il suo talento era volto all'arte: tutto il suo genio dedicato alla vita.

Oscar Wilde
Per questi scrittori, essere un dandy significava trasformare ogni gesto, ogni sguardo, ogni silenzio, in un'esibizione intenzionale pensata per produrre un preciso effetto nell'animo dello spettatore. Sia d'Aurevilly sia Baudelaire ribadiscono che il dandy dovrebbe stupire senza mai essere stupito. L'abbigliamento elegante, i vezzi raffinati, un'abilità arguta nel conversare, sono tutti sintomi del dandismo, ma la sua essenza è la creazione di significato; la trasformazione del corpo in un campo iperattivo di segni e simboli, nel quale ogni elemento scelto dev'essere voluto e significativo in senso letterale. - Il 'dandy effect' è dunque del tutto artistico.

Per quanto caotico e complicato possa essere il vero Io, nella sfera pubblica il 'lato dandy' raggiunge, per stare alle parole di Baudelaire, "l'assoluta semplicità". - Niente che possa distrarre dal racconto di sé è dato a intendere. Così gli accessori scelti per un dato vestito (gemelli in metalli preziosi, un bastone da passeggio massicciamente decorato, un'aragosta al guinzaglio - quest'ultima la preferita del poeta Gérard de Nerval) diventano elementi di una storia che il dandy narra al pubblico. Questi prende la fattualità della carne (incluso il sesso biologico: i dandy sono conosciuti anche per la loro 'padronanza di androginia' e per la loro disponibilità nel giocare a sfidare le norme nel legame tra i sessi) e la trascende. Ciò che aggiunge al suo corpo rivela la persona che aspira ad essere.

John Barrymore nei panni di Beau Brummel
I poeti collegano in modo esplicito il fenomeno del dandy a ciò che Baudelaire definiva: "periodi di transizione, quando la democrazia non è ancora onnipotente e l'aristocrazia comincia appena zoppicare e crollare". Qui i dandy rappresentano gli ultimi grandi aristocratici in un'età ormai democratica: coloro che resistono alla spinta de la foule, la folla. Tuttavia i dandy del XIX secolo erano posti in essere da una simbiosi inquieta con la stessa era populista ed industrializzata che essi denigravano: d'Aurevilly mostrava il proprio dandismo in interviste a giornali clamorosamente eccentriche così come nei grands boulevards da poco illuminati di Parigi (questi ultimi appunto indicativi di un nuovo ordine del mondo ormai industrializzato).

Il dandy si caratterizzava come unico, irriproducibile, in contrasto con un mondo fatto di nuove materie prodotte in serie. Si distanziava dalla frenesia consumistica che lo circondava senza in realtà rendersi conto di essere un prodotto di questa stessa frenesia.

Eugene Sue ritratto da A H Payne
Nella sua opera "I «passages» di Parigi" (1927-40), il critico letterario tedesco Walter Benjamin scrive come, nello spettacolare nuovo mondo dei grandi magazzini - descritto in dettaglio da Émile Zola nel suo romanzo Au Bonheur des Dames ('Al paradiso delle signore) del 1883 - "l'elemento teatrale e quasi circense del commercio risulta straordinariamente amplificato". Sotto questa luce, il rifiuto da parte del dandy ad essere definito dagli altri è legato al rifiuto ad essere inglobato nel turbine del consumo pubblico. Eppure il modo di narrare se stesso non è lontano dalla pubblicità che disprezza. Una locandina può commercializzare un prodotto; il dandy commercializza se stesso.

I dandy sono dunque sia anti-moderni sia perfettamente calabili nella nostra epoca. Adottando uno stile unico nel vestiario, adornato con objets d'art, essi resistono a quell'uniformità che deriva dalla vendita in serie di abiti accessibili a tutti: il tipo di uniformità, insomma, richiesta da un mondo industrializzato.
Certo è, dunque, che i dandy risultano essere fortemente anacronistici e 'all'antica', ma la loro passione per la 'creazione di se stessi' - ossia l'idea che Io, come essere umano, posso creare me stesso e, a seconda delle mie scelte (estetiche e morali) presentare un personaggio in società - strizza l'occhio ad uno spirito culturale a noi contemporaneo.

Reynolds-Dandy Captain Banastre Tarleton 
Dopotutto il dandismo non è altro che una ribellione, tanto punk-rock quando retro possa apparire; una celebrazione dell'individualità, al di sopra e contro le aspettative e le richieste della società moderna.

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