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Visualizzazione dei post da 2018

Thomas Hardy: "L'ombra sulla pietra"

John Singer Sargent, The Black Brook Emma Hardy giaceva nel feretro ai piedi del letto di Thomas Hardy da tre notti prima che il vedovo disperato si convincesse finalmente a farla seppellire. Nell'inverno del 1912, con la modernità che colonizzava velocemente la cultura inglese, un gesto tanto melodrammatico acquisì l'aspetto di uno sguardo rivelatore al passato. Ma mentre all'inizio del XX secolo Hardy si ritrova oppresso da un dolore nuovo, alla sua vera crescita si assiste in realtà nel secolo precedente. Quando scrisse riguardo la sua terribile perdita, Hardy non fece altro che rimuginare sul senso dell'era Vittoriana, quando i due coniugi si conobbero e si innamorarono—e il Thomas Hardy scrittore cominciava appena a confrontarsi con il Realismo. Alcuni decenni più tardi, il loro matrimonio si era ormai da tempo congelato nella cupezza della negligenza e di un decisivo allontanamento, causati dallo stesso Hardy, il quale passò notti insonni accanto alla bara

Il dandismo: una forma d'arte sovversiva

Boldini - Le Comte Robert de Montesquiou - 1897 A sentir pronunciare la parola "dandy" si pensa istintivamente a damerini eleganti, uomini ben agghindati e alquanto strambi, dediti a fare del vestirsi bene una vera e propria arte - Questa almeno è la definizione data del dandy da Thomas Carlyle: "un Uomo che indossa Vestiti". Oggigiorno il termine è piuttosto utilizzato per fare riferimento a uomini esigenti, schizzinosi, tremendamente elaborati e persino anacronistici. Tuttavia, storicamente, quella del dandy è stata una figura estremamente sovversiva. Nella Parigi dell'Ottocento, in seguito a teorie sul dandy sviluppate da artisti del calibro di Charles Baudelaire e Jules-Amédée Barbey d'Aurevilly - si pensi al saggio di Baudelaire "Il pittore della vita moderna" (1864) o al libro di d'Aurevilly dal titolo "Il dandismo e George Brummell" (1845) - l'immagine culturale del dandy si configurò non semplicemente come opera d&#

Henry James e il grande schermo: Le ali dell'amore

Alison Elliott, Alex Jennings, Helena Bonham Carter in "Le ali dell'amore" (1997) Gentildonne all'ombra di parasoli ricamati in pizzo; gigantesche ville alla luce crepuscolare, abbracciate da lussuosi giardini all'inglese: non è un mistero che negli anni innumerevoli registi si siano sentiti attratti dai romanzi di Henry James. Immagini simili trasportano infatti il lettore, così come l'osservatore, nella terra dell'Arte, della sostanza e della solennità, allo stesso modo in cui le infinite trasposizioni delle opere austeniane ci offrono spesso la via d'accesso al mondo ormai perduto dell'epoca Regency, fatto di sommessa ed affascinante attrazione. Nicole Kidman in "Portrait of a Lady" (1996) È così che si sono succeduti i celebri "Ritratto di signora" (1996)   di Jane Campion, "Washington Square" (1997) di Agnieszka Holland e "Le ali dell'amore" (1997) di Iain Softley -- quasi in rispos